4 Dicembre 2023
PER Milano 30/11/2023
Introduzione di Elena Bonetti
Milano è sempre stata un laboratorio di politica innovativa riformista ma non solo: anche di sintesi di tradizioni diverse.
Noi pensiamo che l’esperienza che abbiamo condiviso su Milano possa e debba continuare, pensiamo anche che Milano abbia tante risorse, competenze, intelligenze, passioni che finora non sono state intercettate in modo strutturale dalla politica, dai partiti. Ecco, noi vogliamo costruire un progetto politico che non sia semplicemente un cartello elettorale: questo era l’impegno del Terzo Polo nella prospettiva di andare a costruire quel partito unico che tanto ha trovato una risposta positiva a Milano. Quella passione, quell’investimento di fiducia da parte del vostro territorio noi pensiamo di non poterli tradire. Per questo siamo qui: penso e spero che questa sia davvero la prima tappa di un lungo cammino che potremo fare insieme. Lascio la parola a Ettore che sicuramente saprà meglio di me dare conto della visione che abbiamo voluto iniziare insieme.
Intervento di Ettore Rosato
Uno stile diverso
Questa sala è bellissima, veramente bella: grazie dell’ospitalità a chi ce l’ha data e grazie a voi per essere qui oggi. Noi proviamo a mettere in campo uno stile un po’ diverso. Perché? Perché abbiamo provato tante strade, abbiamo provato a fare un percorso per mettere insieme quelle persone che credono che in questo Paese ci sia bisogno di non rassegnarsi alle campagne elettorali in cui da una parte si promette l’abolizione della povertà, dall’altra parte si promette l’abolizione delle accise. Dopo, l’abolizione della povertà noi lo sapevamo già un po’ prima che non si realizza, e nemmeno l’abolizione delle accise.
Però queste campagne elettorali, questi messaggi, penetrano nella popolazione italiana e riescono a passare, riescono ad arrivare. Lo dimostrano i consensi che attrae il Movimento Cinque Stelle, che ancora alle ultime elezioni politiche in Campania ha preso più del 50%: neanche la Democrazia Cristiana faceva quei risultati nei tempi d’oro. Allora noi dobbiamo chiederci: qual è il lavoro e qual è il messaggio che una forza politica che si candida a stare al centro dello schieramento politico – e su questo voglio tornare perché non è una questione geografica e non è neanche una questione di posizionamento nel bilancino – deve dare per provare a scardinare questo sistema bipolare? Un sistema in cui non c’è più lo scontro tra Prodi e Berlusconi. A quell’epoca a noi pensavamo si scontrassero due mondi opposti, Prodi e Berlusconi, eppure entrambi stavano lì a provare a raccogliere i voti degli elettori moderati. Oggi non c’è più quel tipo di confronto lì: c’è uno scontro tra i due estremi e si scontrano con il tentativo di prendere i voti radicali delle loro parti, dimenticando un messaggio di cucitura della società. Il problema non è solo dove si vanno a prendere i voti: è il messaggio politico, è che questa politica sta lacerando la società. Di questo bisogna che ci facciamo carico.
La crisi della partecipazione
Ci abbiamo provato e secondo me ci siamo riusciti con il Terzo Polo: quell’esperienza che è nata in 15 giorni nell’agosto del 2022 è stata vincente perché abbiamo detto alcune cose di programma e di metodo, e il messaggio che abbiamo dato insieme in questa città ha dato risultati impensabili: in alcuni collegi abbiamo raggiunto il 30%. Andiamo a cercare dove sono questi elettori che ci hanno dato il 30%, perché qui probabilmente il messaggio dell’abolizione della povertà e dell’abolizione delle accise ha meno presa che da altre parti. E questo mostra anche la differenza del tessuto politico sociale, prima che politico, del nostro Paese. Io e Elena in particolare in quei mesi dopo le elezioni abbiamo fatto tutto il possibile perché non fosse nessuno strappo.
Non è bastato, perché il problema della Seconda Repubblica, se mi consentite, non sono le leggi elettorali e non sono le riforme: sono i partiti, che non ci sono più. I partiti nella prima Repubblica avevano mille difetti, ma consentivano la partecipazione. Nella mia città, a Trieste, la Democrazia Cristiana, a cui ero iscritto da ragazzo, aveva 10.000 iscritti. Adesso non ci saranno 10.000 iscritti in tutti i partiti di tutta la regione. Quella era una partecipazione di persone che facevano assemblee, condividevano, portavano proposte, portavano istanze. C’era un livello di partecipazione e di rappresentanza, all’interno dei partiti, che arricchiva la politica. Oggi tutto questo si è perso per strada. Noi vogliamo provare a recuperarlo. Non guardando al passato: il passato è passato. Ma quel tentativo di condividere le cose che servono alla collettività da parte di una rappresentanza più larga, quella cosa lì, sì, bisogna provare a recuperarla.
Lo spazio politico da cucire
Io, Elena e gli amici che con noi hanno fondato PER, abbiamo pensato che fare un altro partito era esattamente il contrario di quello che noi non vogliamo fare. Primo, perché non vogliamo protagonismo da campagna elettorale. Vogliamo provare a cucire attorno al senso del centro uno spazio politico ampio, che comprende i riformisti nel Partito Democratico, comprende tutti i partiti dell’area di centro, e comprende anche quel pezzo di Forza Italia che chissà cosa farà dopo le europee. Vogliamo provare a cucire non per fare una forza politica, ma per provare a essere presenti nelle istituzioni senza dover necessariamente randellare a destra e a sinistra tutto il giorno.
Noi siamo stati chiamati in Parlamento per governare dopodiché non avevamo i voti per governare e siamo all’opposizione. Ma questo non vuol dire che non dobbiamo fare il tifo per chi governo e soprattutto per le cose che servono a governare l’Italia. Se il Governo fa una cosa buona, io sono contento.
Chi in un Consiglio comunale sta all’opposizione dovrebbe lavorare: teoricamente, lavora perché nel suo Comune le cose funzionino, non perché le cose non funzionino. E noi dobbiamo mettere questo stile: su questo io mi sono scontrato con Matteo. Non si può cominciare dal “non va bene non va bene niente”: Salvini è quello che è, la Meloni è così, con Conte non ci si può parlare, Calenda è un calendario, Tajani e Forza Italia… e non c’è uno con cui prendiamo un caffè. Bisogna trovare uno con cui si prende un caffè per parlare delle cose che si devono fare.
Il nostro tentativo è provare a cucire: intanto in quest’area di centro con +Europa e Azione, siamo insieme in questa avventura, noi con la nostra autonomia per fare le cose insieme, non per cercare un altro modo di dividere la politica.
Tre cose PER
Provo a dire tre cose che mi sembra che caratterizzino. La prima è lo scenario internazionale, in una fase molto difficile che che il Paese sta attraversando e che forse viene sottovalutata. Non solo per le guerre che vediamo: ce ne sono altre, e questo mondo complesso incide sulla nostra vita: il baricentro politico non è più l’Europa. Ci mettiamo che siamo in un inverno demografico: Elena ci ha lavorato da ministra in maniera straordinaria, ma l’inverno demografico si contrasta solo con politiche molto intense, non solo di sostegno alla natalità ma anche sull’immigrazione, la cittadinanza e scelte coraggiose che non mi sembra siano nelle corde di questo Governo. Questo scenario che riguarda quello che accade fuori dai nostri confini e che comprende le riforme difficili che l’Europa deve attraversare nei prossimi anni richiederà una grande capacità di guida politica a chi governa il nostro Paese. Io penso che non ci si può tirare fuori e dire “speriamo che se la cavino”: dobbiamo essere lì a provare a dare il nostro contributo.
La seconda riguarda la questione economica. Il debito pubblico continua a crescere ed esplode, ci sono decine di miliardi in più all’anno di costo di interessi che non è facile coprire neanche per chi è al governo. Possiamo essere critici quanto vogliamo, ma se hanno 14 miliardi in più nel costo del debito da coprire con gli interessi, è un problema per loro ed un problema per la collettività. E su questo non bastano i soldi dell’Europa e il PNRR. In più c’è una gestione da parte di questo Governo non adeguata alle politiche di bilancio.
Oggi i numeri dicono che è aumentata l’occupazione, ma gli stipendi degli italiani sono in generale stipendi poveri, non riesce a recuperare l’inflazione. Questo vuol dire che la società soffre. E il nostro Paese, soprattutto in alcune aree geografiche, soffre da questo punto di vista la terza questione, quella istituzionale, che ci preoccupa molto.
È vero, ci sono tante cose più importanti nell’immediato, ma quando guardo la riforma costituzionale e la riforma del federalismo che che sono state presentate, vedo mani diciamo di un ottimo meccanico che vuol fare l’orologiaio. E ho paura per questo orologio, perché sono cose delicate quelle che stanno trattando con il martello. La preoccupazione che abbiamo è che si affrontino i temi della riforma della Costituzione in maniera grossolana, e questo dopo non si risolve, perché se fai un errore sulla legge di bilancio lo sistemi il mese. Se cambi la Costituzione in maniera sbagliata dopo non la metti più a posto.
Dare un contributo
Queste cose io penso che stiano in uno scenario in cui siamo chiamati come forza politica e come rappresentanti nelle istituzioni a provare a dare un contributo dall’opposizione. Proviamo ad aprire un dialogo con chi sta al Governo e con chi sta all’opposizione per cambiare verso. Oggi dall’opposizione purtroppo sentiamo dire troppi no: se la linea del PD diventa quella di Landini e le piazze comandano la segreteria del PD, noi non riusciamo più a costruire un’alternativa a questa destra.
Chi pensa che ci vuole un’alternativa a questa destra sappia che non aiuta tirando su le barricate, perché lo rafforzi, lo compatti. Bisogna entrare nel merito delle vicende e provare a cambiare, sedersi ai tavoli sul lavoro, sulle istituzioni, sedersi ai tavoli. Noi vogliamo provare a fare questo. E qui c’è la competenza di Elena nel provare ad assumere dei dossier e di provare ad affrontarli. Chi ha fatto vita di partito è abituato a fare gruppi tematici che si traducono in una discussione in cui più o meno si è d’accordo. Poi più o meno si esaurisce tutto lì. Noi vorremmo cominciare una discussione dandoci un tema e un tempo e arrivare a una proposta di legge. Dobbiamo provare a rianimare un dibattito in cui rimettiamo al centro le questioni che sono importanti per la vita della collettività.
Quindi noi proviamo a fare questo lavoro e lo proviamo a fare con un po’ di di generosità. Ci siamo visti più volte anche con Carlo Calenda in questi mesi: io a Carlo non non risparmio il conto del suo pezzo di responsabilità sul fallimento del Terzo Polo, però è un pezzo di responsabilità. Stando in Italia viva mi ero affidato molto a Matteo, perché tutti dicono: Matteo è il più bravo. Se veramente era il più bravo non doveva lasciar morire il Terzo polo. Oggi non saremmo stati qua a discutere di altro, saremmo stati a discutere dei dieci europarlamentari che mandavamo in Parlamento europeo a fare la differenza. La maggioranza Ursula si tiene con sette europarlamentari. Quindi il contributo che noi possiamo dare è molto, molto importante. Non sto qui a parlare di campagna elettorale delle europee, ma dico che non è un fatto ininfluente. Quella responsabilità io la considero grave e per questo io sono convinto che noi dobbiamo mettere in campo un’iniziativa politica forte, partendo dal basso con la pazienza di mettere insieme le persone, le idee, la passione. Senza passione non si fa politica, e senza la voglia di dare il proprio contributo non si va da nessuna parte.
E io penso che mettere insieme questo sia la cosa più importante che noi possiamo fare oggi. Penso che la politica ha bisogno nuovamente di guardare in profondo nelle sue radici e ritrovarle. I partiti oggi rischiano di non avere più radici culturali profonde, ma di essere molto leggeri. Io invece penso che le radici servono: le radici sono il motivo costituzionale per cui uno si impegna nelle istituzioni, la voglia di dare un contributo fino in fondo perché le istituzioni diano risposte più adeguate ai bisogni della cittadinanza e avere la prospettiva e un disegno per il nostro Paese che gli consenta di essere all’altezza della sfida che ha davanti. Io penso che l’Italia ha un grande ruolo, che noi forse qualche volta sottovalutiamo, di equilibrio anche nelle vicende internazionali. Dobbiamo essere all’altezza della sfida.
E qui chiudo su Milano, che è una piazza politica difficile. Chi la abita lo sa perché è un palato esigente. Milano è una capitale europea e e quindi dobbiamo essere all’altezza dei milanesi, che hanno aspettative alte. Bisogna che ci mettiamo a lavorare in maniera adeguata dando il nostro piccolo contributo. Noi non cambiamo le vicende del mondo, noi diamo il nostro piccolo contributo: io sono sicuro che il nostro piccolo contributo può essere una leva per lavorare insieme agli altri. Ecco, questo contributo noi lo vogliamo dare fino in fondo. Grazie.