16 Ottobre 2023

Rosato: “Il Pd presta il fianco a chi giustifica le violenze a Israele”

L’ex parlamentare di Italia Viva: «Dem e 5 stelle si inseguono su posizioni massimaliste per ragioni elettorali. Lavoro a un nuovo centro che comprenda i moderati della Lega»

 

«Il centro di Renzi, in solitaria, non andrà da nessuna parte. Intanto il Pd per motivi elettorali presta il fianco a chi giustifica le violenze contro Israele. Una rincorsa verso il basso insieme ai 5 Stelle. Cose da brividi. Io sogno un centro vero, senza proclami roboanti, che vada dai moderati della Lega fino ai riformisti del Pd. Base di partenza: riforma della giustizia e delle istituzioni».
Potremmo scrivere che Ettore Rosato, fino a ieri braccio destro di Matteo Renzi, ha lasciato Italia Viva «sbattendo la porta»: ma certi gesti plateali non rientrano nello
stile felpato di un democristiano di ferro come lui. «Non sono qui per fare polemiche. Mi sono dispiaciuto, ma vado avanti». È stata la pacata «voce della coscienza» del renzismo, finché ha potuto. Poi le strade si sono separate. Insieme ad Elena Bonetti, oggi Rosato fonda l’associazione «PER, Popolari, europeisti e riformatori». Che va ad aggiungersi alla grande galassia del «grande centro» in cantiere perenn e.

In realtà un «centro» c’è già. Ed è proprio quello fondato da Matteo Renzi. Ma lei non ci crede molto…
«Non si può fare il centro da soli. Per giunta senza alleanze. Non c’è nessuna prospettiva».

Più che un centro, una periferia, quella di Renzi?
«Se consideri tutti incapaci, sia a destra che a sinistra, non vai lontano. Ti ritroverai solo, con il 2% dei voti».

Renzi ha detto che voi fuoriusciti sareste scappati: «Se ne sono andati prima del congresso perché hanno avuto paura. Le comparse non diventano protagonisti».
«Io non ho mai chiesto il congresso. Italia Viva è un partito leaderistico costruito intorno a Renzi, e io l’ho sempre saputo. Difatti, appena mi sono trovato in contrasto con la linea politica, me ne sono andato. Sull’avermi definito una comparsa, mi addolora, ma a proposito di teatro so che Matteo per un applauso dimentica i limiti».

Se ne è andato o è stato cacciato? Perché le ricostruzioni sono un po’ confuse..
«Non cambia la sostanza. Il mio percorso è diverso dal suo. Vado via senza polemica, e non mi estorcerà una sola parola contro Matteo».

Mi dica almeno con quali parole lo ha salutato, dopo tanti anni fianco a fianco.
«In realtà è una sceneggiatura poco interessante per chi legge…».

Dica la verità: ci sono state anche con lei divergenze personali? Del resto il personaggio lo conosciamo.
«No, divisioni tutte politiche. Il carattere non può condizionare il destino delle idee che si portano avanti» .

Peccato che sui social, dopo lo strappo, le sia piovuto in testa qualche insulto.
«Gli attacchi sono arrivati non solo da qualche militante del partito, ma anche da altri fronti, organizzati. Ma è solo il dispiacere di un momento» .

Dopo la separazione possiamo dire che Iv è un partito democratico oppure no?
«Lo è, nella misura in cui chi sta dentro si riconosce totalmente nella leadership e nelle scelte di Renzi. Io ho considerato che le ultime scelte politiche compiute rappresentino degli errori, e ho preso la mia strada» .

Quali errori? Parla del divorzio con Azione, dopo una lunga agonia?
«Rompere con Calenda. Rompere il terzo polo. Renzi poteva evitarlo, e non lo ha voluto fare».

E perché?
«Questo non deve chiederlo a me…».

I due leader stavano litigando anche sui soldi da gestire, non solo sulla linea politica.
«Renzi voleva mantenere la sua autonomia ma spero che non faremo tutta l’intervista su di lui. Sono altre le questioni importanti».

Dimenticavo che Rosato è allergico alle polemiche.
«Vengo da una tradizione democristiana. La politica di centro non strappa, anzi, ricuce. Sapendo che le idee valgono più degli uomini su cui camminano. Questa è la tradizione popolare».

Perché non si è iscritto ad Azione?
«Bisogna costruire uno spazio più ampio e plurale. Insieme a Elena Bonetti e altri colleghi, porterò un valore aggiunto, nel tentativo di riempire il vuoto. Lavorando insieme e con Carlo Calenda e con Azione».

Un centro senza Renzi per le Europee?
«Le Europee sono solo una tappa importante, viste le scadenze che abbiamo davanti: ma l’obiettivo è più ampio».

Ma perché in Italia il centro non esiste più?
«Perché i troppi litigi lo hanno polverizzato. E le leggi elettorali bipolariste hanno fatto il resto. Quella che porta il mio nome, il Rosatellum, ha cercato se non altro di smorzare la tendenza».

Ha parlato di coinvolgere persino Luca Zaia e Massimiliano Fedriga nel suo progetto centrista. Non starà volando troppo alto?
«Ogni tanto occorre sognare in grande. Ma guardi che oggi i moderati della Lega sono più vicini ai moderati del Pd che non a certi colleghi del loro schieramento. Le coalizioni sono molto rissose al loro interno».

Sta cercando di realizzare l’impossibile?
«È fantapolitica, se la pensiamo come piattaforma elettorale. Piuttosto, pensiamola come luogo di lavoro per affrontare i problemi del Paese».

Cioè?
«Dobbiamo trovare dei punti in comune, al centro, per uscire dal tunnel degli
annunci roboanti in campagna elettorale, che poi si traducono in roboanti delusioni
dopo il voto. Dall’abolizione della povertà alla cancellazione delle accise sulla benzina».

La sua priorità?
«Imporre il dialogo tra maggioranza e opposizione sulle riforme istituzionali, a cominciare dal superamento del bicameralismo e da un rafforzamento dei poteri del presidente del Consiglio, senza intaccare quelli del presidente della Repubblica».

La giustizia può essere la base di partenza per il nuovo centro?
«Sì, sulla base dei punti fondamentali fissati dal ministro Nordio. Facciamo in modo che questi punti escano dai convegni ed entrino in Parlamento».

Quali punti?
«Processi più rapidi e separiamo le carriere e riformiamo il Csm, affinché sappia premiare i successi dei magistrati, ma anche punirne le mancanze».

Non teme la reazione della magistratura?
«Non temo la magistratura quando lavora nei tribunali, e la magistratura non deve temere la politica quando lavora nelle sedi istituzionali. Ognuno faccia il suo mestiere» .

Si riferisce anche al caso della giudice catanese Apostolico?
«Un magistrato non solo deve essere imparziale, ma anche apparire tale. Avrà naturalmente le sue idee, ma non può manifestarle pubblicamente, o farsi condizionare dai suoi giudizi politici. Quel magistrato si è giocato la fiducia dei cittadini, e dunque è un pessimo esempio».

A trent’anni da Tangentopoli, rinasce il centro fondato sull’orgoglio della politica contro la magistratura?
«Diciamo che, più che orgoglio, serve la consapevolezza che, senza una giustizia funzionante, i problemi degli italiani non si risolveranno mai».

E il governo?
«Spero che il premier Meloni prenda atto che la situazione è più complessa di quanto si pensi. In manovra servono scelte coraggiose, soprattutto su sanità e imprese, e basta mance».

Cosa la colpisce della nuova guerra tra Israele e Hamas?
«C’è ancora qualcuno che non riesce a vedere le mani di Hamas sporche di sangue israeliano e palestinese».

Al Comune di Milano si litiga su quale bandiera esporre, se quella di Israele o quella arcobaleno. A Roma, nella piazza della Cgil, tuonano contro l’occupazione israeliana. Che succede?
«È la grande ignoranza di chi confonde i palestinesi con Hamas».

Cioè?
«Da una parte c’è un popolo che ha diritto di autogovernarsi, dall’altra un’organizzazione terroristica tra le più feroci della storia recente. Pensare che anche nelle istituzioni italiane c’è chi fatica a distinguere, mi fa venire i brividi».

Sarà anche per questo che lei non torna nel Pd, che sulle grandi questioni internazionali sconta parecchie divisioni interne.
«Rispetto il dibattito interno al Pd. Ma come si può balbettare su questioni di questo tipo? Vale anche per il sostegno all’Ucraina» .

Motivazioni ideologiche?
«Ideologiche ma anche elettoralistiche. Che è ancora peggio».

Come sarebbe?
«Nel Paese ci sono posizioni tolleranti nei confronti di chi giustifica la violenza contro Israele. Pd e 5 Stelle fanno a gara per intercettare certe tendenze. È la lunga corsa che sta portando entrambi i partiti a inseguirsi su posizioni massimaliste» .

Come si esce da questa crisi internazionale?
«I 2 milioni di palestinesi nella striscia di Gaza non sono tutti terroristi. Ci vorrebbe intanto un po’ di coraggio da parte dell’Anp, per denunciare con forza l’aggressione a Israele».

Reazioni eccessive da parte israeliana possono esacerbare il conflitto?
«Le reazioni spropositate sono sempre sbagliate, e sono convinto che Israele ne sia pienamente consapevole».