21 Dicembre 2023
Un nuovo patto per riformare il mercato del lavoro in Italia
di Giuseppe Zingale, esperto di mercato del lavoro
La strategia di sviluppo del paese indicata nel PNRR si fonda su una epocale spinta agli investimenti pubblici e privati incentrata sui drivers di sviluppo della sostenibilità e dell’innovazione.
Naturalmente, nel quadro definito dal Piano, vi sono aspetti strutturali che forse inizialmente sottovalutati, sono via via emersi come cruciali per la realizzazione stessa degli investimenti, e la “messa a terra” delle azioni necessarie ad attivare sul piano economico e sociale le risorse e il tessuto della comunità nazionale in modo da permettere il raggiungimento degli obiettivi previsti in un arco di tempo previsto davvero ristretto.
Fra queste precondizioni, vi è certamente il fattore lavoro. La riattivazione dell’economia all’indomani della pandemia, peraltro giunta dopo anni di stagnazione e crisi, tra l’altro, ha messo in luce e portato agli occhi di tutti le gravi contraddizioni e distorsioni che segnano il mercato del lavoro italiano; la più evidente fra queste è quella che nel dibattito nazionale ha preso il nome di mismatch, ossia il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro.
In un paese con un tasso di disoccupazione storicamente molto alto, è paradossale e sarcastico che nei principali settori produttivi le aziende abbiano trovato il principale ostacolo alla ripresa proprio nella carenza di personale. Così come è evidente che il perdurare di queste disfunzioni nel mercato del lavoro può costituire un elemento cruciale per il fallimento o il successo del piano di investimenti unanimemente considerato un turning point per il Paese.
Tutto ciò, naturalmente, è conseguenza di tradizionali arretratezze e malfunzionamenti sia del settore dell’istruzione sia del mondo della produzione e dei rapporti tra i due, e quindi del mercato del lavoro, sia dell’assenza di politiche e strumenti istituzionali, pubblici e privati, adeguati a rendere fluido ed efficiente il processo di istruzione, formazione, inserimento nel mercato del lavoro.
La consapevolezza e la dimostrazione di queste premesse, è resa evidente dal fatto che le istituzioni nazionali hanno direttamente inserito nel quadro del PNRR e segnatamente nell’ambito della Missione 5, Componente 1, una specifica sezione del Piano dedicata alle politiche del lavoro.
Centro di questa azione di riforma delle politiche attive del lavoro è il “Programma GOL”, a cui si affiancano misure di sostegno alla diffusione di nuove competenze, di potenziamento dei centri per l’impiego e di rafforzamento del sistema duale.
È evidente che, data la situazione attuale del settore in Italia, questo quadro di misure potrebbe costituire l’avvio di un processo di riforma che, per certi versi, potrebbe costituire una sostanziale ri-fondazione e modernizzazione del settore, fino ad ora certamente sottodimensionato per funzioni rispetto ai maggiori paesi avanzati, e gravato di difetti ereditati dalla sua evoluzione storica avvenuta prevalentemente nell’alveo della pubblica amministrazione a livello territoriale.
Lo sviluppo recente del settore privato, infatti, oltre ai più recenti interventi avvenuti a livello nazionale, per quanto robusti e utili, non hanno mai trovato una vera strategia e politiche adeguate a rendere il settore efficiente e tanto meno in grado di incidere nei difetti strutturali del mercato del lavoro.
Fra i temi aperti e quindi da affrontare e risolvere anche alla luce dell’avvento del PNRR, restano l’esigenza di perseguire livelli essenziali delle prestazioni a livello territoriale; l’integrazione con le differenti ed eterogenee politiche attive, strumenti e interventi regionali; l’integrazione con le politiche di istruzione e formazione professionale ad ogni livello, e l’aggiornamento di queste ultime rispetto ai reali fabbisogni delle persone e del paese; una reale integrazione strategica fra sistema pubblico, privato e privato sociale, anche al fine di promuovere efficacemente l’inclusione delle fasce più fragili e non solamente di quelle più redditive rispetto all’inserimento nel mercato del lavoro.
Se questo è il quadro generale, e questi i temi sostanzialmente epocali per la evoluzione del settore in questione, è evidente che per affrontare una vera riforma del mercato del lavoro bisogna fare dei veri interventi per cogliere pienamente le opportunità della quarta rivoluzione industriale.
– Risolvere il persistente disallineamento tra le competenze acquisite dai giovani nei percorsi formativi e quelle richieste dal mercato del lavoro, per il quale i datori di lavoro fanno fatica a trovare persone con le competenze di cui hanno bisogno, a fronte di una disoccupazione tra le più alte d’Europa. Bisogna costruire un sistema integrato di formazione e lavoro, capace di accompagnare gli studenti che escono dai percorsi formativi nel mondo del lavoro.
– Contrasto alla disoccupazione giovanile, attraverso la valorizzazione del sistema duale di integrazione tra la formazione e il lavoro
– Valorizzazione del sistema delle politiche attive del lavoro fondato sui principi semplificazione amministrativa, libertà di scelta, orientamento al risultato.
Il piano delle politiche attive deve coinvolgere scuole, università, imprese, enti locali.
– Valorizzazione del programma Garanzia Giovani al fine di prevenire l’insorgenza del fenomeno dei NEET
– Rafforzamento dell’alternanza scuola lavoro, valorizzando il ruolo fondamentale delle imprese sul territorio.
– Decontribuzione totale del contratto di apprendistato ,in quanto primo contratto di inserimento dei giovani nel mercato del lavoro. Accresce le competenze dei giovani e li prepara alle sfide future.
– Riduzione del costo del lavoro, infatti oggi il costo del lavoro è troppo spostato sulla contribuzione e poco sulla busta paga. Tutele troppo rigide e salari troppo bassi con consentono un incremento dell’economia reale.
– Salario minimo garantito, una misura di civiltà per combattere il lavoro nero, lavori sottopagati. Salari minimi da utilizzare solo, in assenza di un contratto collettivo.
– Riduzione dei costi per le imprese che promuovono il lavoro agile o altre forme di lavoro mirate alla conciliazione lavoro, vita familiare..
– Potenziamento degli strumenti di intermediazione tra domanda e offerta del lavoro con maggiore coinvolgimento del collocamento privato.
– Riforma urgente dei Centri per l’Impiego, definire il ruolo del servizio pubblico e come questo si integra con il privato accreditato/ autorizzato.
– Reintroduzione del Voucher con le stesse caratteristiche di quello eliminato.
– Sostegno alle startup e all’imprenditoria giovanile
– Tutele per lavoro autonomo, rafforzamento degli ITS
– Integrazione tra politiche attive/passive e formazione professionale, il che presuppone una cooperazione tra sistema pubblico e privato.
– Integrazione tra politiche regionali e nazionali, sovrapposizioni tra strumenti aventi medesime finalità possono produrre sono inefficienze. Vanno costruite modalità attuative che evito complicazioni di processo .
– Netta separazione tra politiche per il lavoro e politiche di contrasto alla povertà. Le due azioni devono ritornare ad essere strumenti distinti ed in tal senso il reddito di cittadinanza deve diventare esclusivamente uno strumento per proseguire il secondo obiettivo.
– Rimuovere i vincoli del decreto dignità, dare maggiore stabilità e flessibilità al mercato del lavoro, sia in entrata che in uscita.
– Incentivi alle imprese, beneficiano del contributo a fondo perduto le imprese, di tutti i settori e tipologie, che assumono lavoratori disoccupati o lavoratori sospesi, che hanno avviato la politica attiva regionale o nazionale e che conseguono nella stessa il risultato di reimpiego.